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Immagine del redattoreAndrea Farinelli

Torino Olimpiadi 2006

Riporto integralmente l'articolo scritto per il Centro di Psicologia dello Sport di Torino, in occasione della medaglia di bronzo della squadra di short track femminile. All'epoca ero lo psicologo personale di Marta Capurso, atleta di punta della squadra e consapevole della sua ultima occasione per vincere una medaglia olimpica.

Oggi sono passati 15 anni e m fa piacere tornare a celebrare quel successo. Grande Marta!


STORIA DI UNA MEDAGLIA OLIMPICA

“Quando ero ragazzina e iniziavo a compiere i primi passi sul ghiaccio, avevo un sogno: vincere una medaglia Olimpica portando la squadra in trionfo, facendo io stessa un sorpasso all’esterno nell’ultimo giro.

Chi ha visto la finale della staffetta di short track femminile, sa che a meno due giri dalla fine di quella staffetta, il mio sogno stava per realizzarsi… se non fosse che la squadra Cinese ha palesemente bloccato la mia corsa verso il successo! Ma la giuria mi ha reso giustizia….

La gioia che ho provato, subito dopo l’annuncio della conquista del bronzo, è stata talmente grande, dirompente e imponente, che non ho mai più pensato al mio sogno, perché a modo mio, anche se in una modalità un po’ differente, lo avevo realizzato.

Ci ho pensato l’altro giorno, insieme ad Andrea, analizzando i risultati del nostro lavoro e della nostra collaborazione. Un lavoro apparentemente semplice ma che credo mi abbia dato quello che mancava alla mia carriera: una forza interna, una consapevolezza di essere brava, di aver lavorato duro, una sicurezza che a volte, durante le Olimpiadi, mi ha addirittura stupita, perché mi sono resa conto più di una volta, di essere molto tranquilla, e non me lo sarei mai aspettato.

E quella forza adesso me la porto dentro. Non dimenticherò mai i nostri incontri e quanto questi mi abbiano cambiata e mi abbiano maturata, perché finalmente ho raggiunto una consapevolezza: per vincere non bastano gambe e muscoli, ci vuole anche una mente che sia ben pronta e preparata per ogni evenienza, che ti permetta di essere lucida e ben pensante in ogni occasione. Una mente che ti sostenga in ogni difficoltà.

Questo è il segreto più importante per vincere e realizzare i propri sogni!!!”

Le parole sono di Marta Capurso, medaglia di bronzo Olimpiadi di Torino 2006, short track staffetta femminile 3000 metri.

Partiamo dalla fine, dalla sera del 23/02/06, quando la giuria assegna la medaglia di bronzo alla squadra italiana, squalificando la Cina per alcune palesi irregolarità che avevano danneggiato il team di casa nostra. In quel momento ho avuto una sensazione strana, poiché gioie sportive ne avevo già vissute, ma sempre su mie attività di atleta o da semplice tifoso. Questa volta ho provato una via di mezzo: tifoso, in quanto con Marta e la sua famiglia ci conosciamo da anni, e protagonista, nel senso di aiuto concreto all’atleta nell’esprimere il proprio potenziale e raggiungere gli obiettivi.

Per me che professo sempre nel campo della Psicologia del Lavoro, la strada dello sport è nuova e molto attraente, ricca di nuove emozioni che ho iniziato ad assaporare durante le Olimpiadi di Torino 2006.

Il training mentale è un elemento emergente nello sport, con diversi atleti che ricorrono allo psicologo per gestire, ad esempio, ansie legate alla prestazione o trovare meccanismi di attivazione e di relax.

Il lavoro svolto con Marta si è basato sull’aumento della consapevolezza delle proprie capacità, di un atleta già forte nel suo campo, ma con ancora dei margini di miglioramento.

Prima di raccontare l’esperienza, è d’obbligo spendere due parole sullo short track, sport poco conosciuto e, mi dispiace scriverlo, un po’ ignorato da stampa e televisione durante la manifestazione di Torino 2006. Per descrivere con poche parole, lo short track è pattinaggio di velocità su ghiaccio, intorno ad una pista ristretta, lunga poco più di 100 metri, e senza corsie. Tutti corrono intorno alla pista e chi arriva primo ovviamente vince. Nel campo femminile le distanze sono: 500 metri, 1000 metri, 1500 metri e la staffetta dei 3000 metri. La nazione più forte, che ha dominato le gare, è la Corea del Sud.

Neanche io avevo una conoscenza specifica di questa disciplina, difatti per comprendere meglio le descrizioni di Marta, ho approfittato del periodo di preparazione svolto al Palavela di Torino, per osservare alcuni allenamenti e aumentare la mia conoscenza dello short track. Per fortuna la preparazione olimpica si è svolta a Torino, poiché se fosse rimasta a Bormio, difficilmente avrei potuto lavorare con Marta con una certa continuità. Ed è proprio approfittando di una prima sosta in città, che abbiamo fissato il primo incontro di analisi, che si è tenuto nel salotto di casa mia, molto indicato per luci, colori e atmosfera.

Nel primo appuntamento dedichiamo molto tempo al dialogo, ci conosciamo da anni, ma dobbiamo stabilire l’intesa. Come stimolo, ho utilizzato un’intervista semi strutturata, per indagare sulla sua visione dello sport, risultati raggiunti e altri spunti necessari alla comprensione della situazione.

Per l’analisi ho anche fatto ricorso ad alcuni test, come previsto nel modello AGS, somministrando prima il test della firma e del disegno, e per ultimo il BFQ, il quale richiede una concentrazione differente e potrebbe risultare pesante, forse anche un po’ noioso, per l’atleta.

Sempre seguendo i criteri del modello AGS, ho utilizzato i risultati dei test e le informazioni rilevate nel corso del colloquio, per stilare il profilo emotivo. Nel profilo sono emerse le sue qualità agonistiche, la capacità di cogliere l’esempio da modelli di riferimento e una buona convinzione di sé. I punti di miglioramento sottolineati sono: attenzione alla fase di allenamento, gestione di stimoli negativi, attivazione e disattivazione.

Causa gare in Asia ed allenamenti a Bormio, la nostra collaborazione si interrompe per più di un mese, ma riesco a comunicarle via e-mail il profilo emotivo, così può leggerlo e rifletterci sopra.

Il passo seguente è sulla definizione degli obiettivi, le risorse da attivare e la valutazione della sua motivazione. Per lavorare su questi aspetti sono ricorso allo SCORE di Dilts, modificato in CSOER, dopo aver riflettuto su quali punti soffermarci e come affrontare i passaggi e la loro sequenza.

Nel modello elaborato per l’occasione, la C indica la condizione attuale (definita in percentuale) e le azioni da compiere per arrivare al top. Su questo punto abbiamo posto l’accento sulla necessità di scendere sotto i 1’31” nei 1000 metri, la cura delle

partenze nei 500 metri, l’esempio da dare alle sue compagne più giovani e spronarle a crederci.

La S indica il contesto, nel senso di quanto influiva sulla sua prestazione la conoscenza della pista e il fatto di giocare in casa. La conoscenza del tracciato è risultata approfondita, sfruttando il quotidiano allenamento sulla pista della manifestazione. L’opportunità di giocare in casa (Marta è stata l’unica atleta di Torino presente alle Olimpiadi) è stata da subito motivo di orgoglio e di entusiasmo.

La O è l’obiettivo: “vivere una grande esperienza e la medaglia olimpica”, cito letteralmente le parole scritte da Marta per definire l’obiettivo.

La E riguarda le emozioni che proverà e le cose che cambieranno, che possiamo riassumere in gioia e realizzazione di un sogno. La foto di Marta con la bandiera e le lacrime, apparsa su “La stampa” il giorno dopo la medaglia, credo che rappresenti bene cosa avesse in mente sulle emozioni.

La R ha individuato le varie risorse personali da attivare per raggiungere il risultato cercato.

Ho disposto le lettere per terra e seguito la procedura di Dilts, quindi l’atleta dalla posizione “meta” descriveva la situazione indicata dalla lettera, dopo si posizionava sulla lettera per associarsi alla descrizione. Ad ogni punto dello CSOER, prima vi era descrizione e visualizzazione, dopo associazione. Se l’associazione non riusciva o la descrizione era incompleta, Marta veniva riportata in posizione “meta” e poi nuovamente sulla lettera.

Finiti i passaggi, Marta ha scritto su ogni lettera i concetti che aveva visualizzato e a fine seduta ha preso tutte le lettere per portarsele a casa.

Nell’incontro seguente, Marta mi ha raccontato di portarsi sempre con sé le lettere, per riflettere su i suoi progressi.

Un altro tema trattato nel nostro lavoro, riguarda il pensiero positivo. Molti dei suoi pensieri avevano spesso connotazione negativa, come “non devo fare”, oppure “non mollare”, o “non ce la faccio”. Abbiamo riflettuto insieme sull’importanza di concentrarsi sulle azioni da compiere, piuttosto che sui comportamenti da evitare e sulla possibilità di volgere al positivo il suo dialogo interno. Per stimolare la sua riflessione le ho proposto di utilizzare un diario, dove segnare i suoi pensieri a fine allenamento e poi trascriverli in forma positiva. In alcune sedute abbiamo letto, commentato e modificato il modo di pensare.

Dal pensiero positivo è nato il secondo posto nei 1500 metri agli Europei in Polonia svoltisi a gennaio, risultato che ha caricato Marta è motivato ulteriormente al lavoro di training mentale. Il risultato negativo nei 500 metri però, ci ha riportato con i piedi per terra e smorzato facili e pericolosi entusiasmi.

Lo CSOER, che lei porta con sé ad ogni incontro, è sempre rimasto alla base del nostro percorso, tra l’altro, quando Marta ottiene alcune delle azioni individuate sulle lettere, mi telefona o invia un sms. Ricordo, sempre con un filo d’emozione, quando è

scesa sotto il muro dei 1’31” nei 1000 metri e subito dopo l’allenamento mi ha telefonato.

Nelle ultime sedute abbiamo lavorato sui meccanismi inconsci per aiutare l’atleta a mantenere la calma e la concentrazione nel pre-gara e durante la gara.

Prima di dedicarci alla “visualizzazione creativa”, dialoghiamo e definiamo quali caratteristiche sono presenti nell’atleta perfetto che esegue al meglio tutta la gara. Marta scrive su un foglio le fasi della gara e le caratteristiche necessarie per svolgerla perfettamente. Dopo iniziamo a lavorare sulla respirazione e sul rilassamento, poi la guido ad immaginarsi come l’atleta “bello e bravo”, utilizzando la traccia stilata da lei precedentemente. Abbiamo sempre parlato di “atleta perfetto”, mai di avversari o azioni degli altri, per favorire l’attenzione su quello che Marta avrebbe dovuto fare in pista, non su quello da evitare.

In un incontro successivo, su suggerimento di Giuseppe Vercelli, chiedo a Marta di descrivere cosa farà di sicuro la sera prima della gara, la mattina della gara, subito prima di partire e immediatamente dopo la partenza. Emerge questa descrizione: la sera prima della gara è abituata a fare le parole crociate, la mattina deve fare colazione con yogurt e cereali, prima della gara stende le dita delle mani verso il basso, appena partita stringe i pugni.

Durante la visualizzazione la guido nel compiere tutte queste azioni, allacciandole subito con l’atleta perfetto descritto in precedenza. Durante la visualizzazione scorgo una sua smorfia, come se assaporasse qualcosa, difatti nella conversazione post visualizzazione, conferma di aver percepito il gusto dello yogurt.

Negli ultimi incontri lavoriamo sempre sulla visualizzazione, ripetendo visualizzazioni già effettuate e creandone di nuove.

In un incontro, ho fatto suddividere a Marta la distanza dei 500 metri. Lei individua 4 fasi, con caratteristiche differenti e ad ogni fase decidiamo di assegnare un nome che corrisponde ad una maschera da indossare, come se fosse un gioco. Nella visualizzazione giocherà ad indossare la maschera giusta per ogni fase.

Per prendere maggiormente contatto con se stessa e per controllare la respirazione, anche ai fini del rilassamento, sperimentiamo insieme la tecnica del palloncino, in modo da poter sentire il proprio respiro e modificarlo.

L’appuntamento prima del suo ingresso nel villaggio olimpico è dedicato a rivedere un po’ le cose e a definire come eventualmente incontrarci. In tutta sincerità mi sarebbe piaciuto vedere la vita del villaggio olimpico, ma non c’è stata occasione, poiché Marta aveva acquisito la capacità di gestire ansie e concentrazione. Nelle riflessioni post olimpiche, mi ha raccontato come il giorno della prima gara, la qualificazione dei 500 metri, si sentisse un po’ ansiosa per il timore di sbagliare una gara sulla carta facile, così ha passato un quarto d’ora a concentrarsi sull’atleta perfetto che avevamo visualizzato precedentemente. Non solo si è qualificata alle semifinali, ma ha anche ottenuto il secondo miglior tempo di tutte le qualificazioni, effettuando una gara perfetta.

Durante i 15 giorni della manifestazione ci siamo sentiti solo due volte: a metà per scambiare alcune impressioni e comunicarle la futura nascita di mio figlio, alla fine per commentare la vittoria della medaglia di bronzo.

Ad oggi, abbiamo deciso di continuare a lavorare insieme, per potenziare le sue qualità e sperimentare nuove metodologie d’intervento.

Andrea Farinelli

P.S.

Il giorno prima della gara d’apertura dello short track, mi telefona il fratello di Marta per i biglietti, ma anche per sapere come comportarsi durante tutta la manifestazione per evitare di influire negativamente su di lei. Questa parte non era prevista nel lavoro con gli atleti, ma la famiglia Capurso mi conosce da quando ero bambino, così ho dato qualche indicazione ed è stata una gioia vedere la mamma con le lacrime agli occhi la sera della medaglia.


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