Maggio 2000, ho iniziato da tre mesi il mio tirocinio per l'abilitazione all'Albo degli Psicologi, sto passeggiando tranquillamente per le vie di Torino. Ore 14,30 squilla il cellulare, è il mio tutor "Ho un contrattempo e arriverò tardi per la sessione di formazione delle 14,00, quindi fai tu le prime 2 ore". Ladies and Gentlemen, questo è l'inizio della mia carriera di formatore! Quel giorno andò tutto molto bene, ero ben preparato e avevo visto molte volte come gestire l'aula, inoltre ho l'agonismo nel sangue! Come trainer mi sono trovato diverse volte a gestire situazioni impreviste ("mi spiace, ma il videoproiettore si è rotto giusto ieri", oppure "l'aula attrezzata era già impegnata, dobbiamo accontentarci di questa", ...) e forse mi piace anche trovarmi nell'incertezza, credo sia uno degli aspetti divertenti di questo mestiere.
In azienda la formazione sulle soft skill deve dare nozioni immediatamente applicabili e specifiche per il contesto in cui agiscono le persone e i miei 20 anni d'esperienza mi insegnano che non esistono soluzioni precostituite, ma i modelli e le teorie devono necessariamente essere adattate al contesto per costruite insieme ai partecipanti i migliori piani d'azione possibili. Ho conosciuto persone che lavorano in diversi settore e succede con una buona frequenza di incontrare gente con una cultura tecnica approcciarsi a corsi sulle soft skill con diffidenza, per poi diventarne dei cultori della materia nel momento in cui hanno hanno trovato qualcosa di immediatamente agibile.
Ho giocato per vent'anni a calcio, mio figlio gioca a calcio, ma lo sport che adoro di più guardare è il tennis. Ho osservato tennisti straordinari come Borg, McEnroe, fino agli odierni Djokovic, Nadal, Federer, atleti capaci di performance eccellenti, sotto l'aspetto fisico, tecnico e mentale. Mi chiedevo sempre cosa pensassero nelle situazioni critiche, oppure come facessero a concentrarsi sugli obiettivi, anche perché io mi distraevo sovente, sono arrivato all'orale dell'esame di maturità con una preparazione "allegra" perché in quel periodo c'era Wimbledon, uno dei più spettacolari tornei di tennis.
Nel 2004 decido di rispondere alle mie domande di ragazzino appassionato di performance e frequento il corso di Psicologia dello Sport. In un workshop incontro per la prima volta la figura del coach, del mental coach. Rimango affascinato e inizio a leggere libri sul tema, “Coaching” di J. Whitmore, il “Manuale del coach” di R. Dilts, “Vincere con la mente” di G. Vercelli, il quale mi supporterà nella mia prima esperienza di psicologo in ambito sportivo alle Olimpiadi di Torino 2006.
Lavorando con le aziende capisco che ogni giorno le persone sono chiamate a fornire performance, così nel 2009/2010 frequento il percorso di formazione riconosciuto dall’International Coach Federation (ICF) dell’Escuela Europea de Coaching e mi certifico come coach con il modello Ontologico Trasformazionale. Nell'autunno del 2010 la mia prima sessione di coaching con l'HR Manager di una multinazionale americana, che mi aveva apprezzato da formatore e voleva conoscermi come coach. Grazie Alessandro per la fiducia!
Nel 2013 torno ad arricchire le mie conoscenze della performance in ambito sportivo e divento coach di Intelligenza Agonistica certificandomi come SFERA Coach, con il fine di portare nel mondo del lavoro metodologie del mondo dello sport.
Oggi come coach mi sento compagno di viaggio delle persone che vogliono migliorare le loro performance, attraverso l'esplorazione di nuove interpretazioni per produrre nuove convinzioni e la presa di consapevolezza dei loro potenziali. Il fine ultimo è sempre di progettare i piani d'azione e realizzare la crescita ricercata.
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